Nonostante oggi si possa affermare che quasi tutti ne abbiano sentito parlare riteniamo necessario approfondire la sua conoscenza giacché sono molte le voci circolanti e discordanti…
Innanzitutto va detto che, di per sé, il termine non identifica un combustibile alternativo ecologico di legno per come lo è inteso: infatti tale termine indica la forma cilindrica di un prodotto compatto di piccole dimensioni rassomigliante ad un tappo di sughero od ad un proiettile… tale termine è stato utilizzato anche per un processo di compattazione/densificazione nel settore mangimistico ed agro-alimentare in genere. Infatti il pellet esiste come frutto di tale processo da decine di anni ed è nato per soddisfare l’esigenza di trasportabilità, stoccabilità dei mangimi per animali d’allevamento.
Il termine corretto è “pellet di legno” e dobbiamo la sua esistenza allo sviluppo di tali tecnologie nel settore agro-alimentare e zoo-tecnico.
Sembrerebbe che i canadesi siano stati tra i primi ad adottare il processo di “pellettatura” nel settore mangimistico fin dagli anni 60′ e poi, di qui, sono state create macchine apposite per cercare di densificare maggiormente la segatura quale scarto di lavorazione dei tronchi e legname in genere (anni 80′). Comunque è da tenere ben presente che le presse utilizzate per comprimere la segatura sembrano molto simili per non dire identiche a quelle per il mangime animale ma in realtà presentano caratteristiche ben differenti tra loro che condizionano anche l’intero processo produttivo; questo rimane a tutt’oggi uno specchietto per le allodole per chi desidera introdursi in questo settore produttivo poiché tale credenza (e quindi faciloneria) ha mietuto recentemente molte vittime di settore.
Qualcuno potrà chiedersi il perché di tanta fatica e sforzo quando già madre natura ci fornisce il legno allo stato naturale che conosciamo tutti, con il solo sacrificio del taglio.
La risposta è articolata in molteplici vantaggi che sono a nostro avviso innegabili:
- Innanzitutto va compreso il problema dello smaltimento di scarti di lavorazione delle segherie ed aziende correlate che lavorano grossi quantitativi di legname e tavolame; la segatura è si un materiale naturale ma quando si parla di enormi quantitativi diviene un vero problema ecologico di smaltimento per non parlare poi dei costi di trasporto e stoccaggio che le aziende devono sostenere.
- Derivato dall’utilità precedente il pellet di legno combustibile aiuta ad abbattere meno alberi per produrre legna da ardere ed è quindi, solo per questo, un duplice vantaggio ecologico.
- Il terzo vantaggio ecologico è che il suo grado di inquinamento durante la combustione è il più basso in assoluto; oltre a non danneggiare l’ozono, e quindi a non aggravare l’effetto serra in quanto legno naturale (e non combustibile fossile), gli apparecchi che lo utilizzano raggiungono temperature di regime di combustione elevatissime sotto controllo elettronico a microprocessore: ciò assicura sempre un perfetto processo di ossidazione dei gas prodotti dal legno poiché un piccolo programma “firmware” regola costantemente la quantità di combustibile e di aria necessaria al processo di combustione. Qualcosa di simile è successo nel settore automobilistico con l’avvento delle cosiddette marmitte catalitiche a sonda lambda.
- Per quanto riguarda l’aspetto più pratico ed economico dobbiamo pensare che gli utilizzatori di legna da ardere sono probabilmente i migliori candidati per dare una risposta. Infatti se è vero che a tutti interessa l’enorme economia sul costo del riscaldamento è altrettanto vero che la maggior parte delle persone non accetta la scomodità di una legnaia in casa propria. Avere una catasta di legna significa molto spazio occupato, tempo da dedicarvi durante la stagione estiva per la sistemazione, “viavai” di ceste per il rifornimento della stufa/caminetto con conseguente sporcizia e residui… insomma non è da tutti. Grazie alla sua forma minuta, cilindrica ed omogenea il pellet di legno si comporta molto più similmente ad un liquido che ad un solido: l’alimentazione dello stesso negli apparecchi è automatica ed avviene prelevandolo da un serbatoio di capienza variabile che consente autonomie molto lunghe. Lo stoccaggio annuale è semplice, comodo e rapido: basti pensare che il potere calorifico di un buon pellet per stufe raggiunge anche le 4.400 Kcal/h per chilogrammo (PCI)* mentre la legna da ardere, normalmente, si aggira sulle 2.500 Kcal/h per Kg. Il pellet poi occupa 1/5 dello spazio della legna da ardere ed è confezionato anche in comodi sacchetti da 10-15 Kg, puliti e facilmente trasportabili.
A titolo esemplificativo riportiamo qui a seguito una tabella di comparazione combustibili con il pellet:
Tipo combustibile | Unità di misura | Resa calorica (P.C.I.)* |
---|---|---|
Pellet di legno | Kg | 4.400 Kcal/h c.ca |
Legna da ardere | Kg | 2.500 Kcal/h c.ca |
Metano | Lt | 8.200 Kcal/h c.ca |
Gasolio (1 Lt=0,85 Kg.) | Kg | 8.500 Kcal/h c.ca |
G.P.L. (1 Mc=4,166 Lt.) | Mc | 21.500 Kcal/h c.ca |
(P.C
(P.C.I.)* = Potere Calorifico Inferiore; ovvero il potere calorico che non tiene conto del calore latente di evaporazione dell’acqua : in pratica dall’energia totale sprigionata dalla combustione viene giustamente depennata quella parte necessaria all’evaporazione dell’acqua contenuta dentro il combustibile. Nel caso della biomassa questa parte di energia è rilevante e pesantemente condizionante il valore del P.C.I.
Rimane sottointeso che il valore calorico della legna presenta variazioni importanti a seconda della sua stagionatura e quindi contenuto acqueo. Dallo schema soprastante è facile ricavare quale sia la percentuale di risparmio rispetto ai combustibili fossili tradizionali: sicuramente il 50% è un dato mediamente più che attendibile, anche considerando le differenze di prezzi a seconda delle zone. Se poi consideriamo il riscaldamento a mezzo di aria calda (stufe, generatori aria centralizzati, ecc.) in alloggi e case di normali dimensioni, possiamo arrivare a delle punte del 70%. Per quanto riguarda il paragone con la legna, ed al suo normale prezzo di mercato, possiamo dire di essere sulla falsa riga, con alcuni casi di ulteriore piccolo risparmio.
Le ceneri e rendimenti:
L’altro aspetto molto importante del pellet è il contenuto ceneri: la legna da ardere infatti non presenta solo il problema del contenuto acqueo (<40%) che ne abbassa drasticamente il potere calorifico ma anche quello del contenuto di corteccia ed impurità varie. La maggior parte del pellet di buona qualità presente sul mercato offre dei contenuti ceneri inferiori all’1% del peso totale e di acqua inferiore al 10%; ciò significa che l’apparecchio che lo brucia (es. piccole stufe) offrirà all’utente la possibilità di limitare moltissimo la pulizia dello stesso ed il suo rifornimento, rendendo la combustione del pellet qualcosa di accettabile anche per chi ha sempre utilizzato combustibili liquidi o gassosi.
Alternative al pellet:
Per correttezza e completezza d’analisi è necessario effettuare un piccolo raffronto con un combustibile di biomassa legnosa detto “cippato” (dall’inglese wood chips). Grazie al procedimento di sminuzzatura/triturazione del legname e dei suoi scarti si ottiene un prodotto più o meno uniforme che permette anch’esso un’alimentazione automatica di caldaie e generatori di calore vari. A ns. Modo di vedere il mercato del cippato inizia dove finisce quello del pellet e viceversa: infatti il cippato obbliga comunque a sistemi di alimentazione automatica di più grandi dimensioni per via della sua più grande pezzatura; il contenuto acqueo, comunque sempre elevato, non permette l’impiego di camere di combustione semplici e compatte ma sovente si ricorre a tecnologie molto costose e complesse. In pratica, a prescindere dalla disponibilità di combustibile, l’investimento complessivo nella tecnologia di combustione a cippato è notevolmente più elevato, rendendo poco conveniente tale tecnologia su impianti medio-piccoli; detto in parole povere è inutile pagare pochissimo il combustibile se il piccolo impianto ha costi di ammortamento elevatissimi.